
La questione riguarda soprattutto il cibo dell’India del Nord: ecco il motivo
La cucina indiana (e in particolar modo quella dell’India settentrionale) è una delle cucine con più spezie al mondo. Vi siete mai chiesti il perché? Eccovi serviti. Il cibo indiano come lo conosciamo noi oggi è in realtà il risultato della fusione della cucina indiana e di quella persiana importata dagli imperatori Moghul, la più importante dinastia imperiale di religione musulmana che regnò su quasi tutto il territorio dell’Asia meridionale durante la dominazione islamica in India.
I Moghul avevano l’usanza di assumere cuochi indiani per preparare piatti persiani con ingredienti locali. Tuttavia, la temperatura della terra natale di Babur, fondatore dei Moghul, originario della città di Andijan, era molto diversa da quella dell’India settentrionale. E questo, a livello di materie prime alimentari, rappresentava un grosso problema. L’India, infatti, era molto più calda e il cibo rischiava di andare a male in fretta.
Quale soluzione venne adottata? Quella di rendere le pietanze più interessanti! È stato scientificamente dimostrato – e con tutta probabilità si sapeva già allora (siamo attorno al 1500) – che le spezie prevengono il deterioramento del cibo, facilitato invece dalle alte temperature di alcune aree del pianeta. Ecco perché si cominciarono ad utilizzare queste spezie: per poter conservare il cibo il più a lungo possibile in un’epoca in cui i frigoriferi ancora non esistevano.
Ora, anche se oggi i tempi sono cambiati e la tecnologia e la medicina hanno fatto passi da gigante, non è necessario aggiungere al cibo tutte queste spezie: esistono altri modi per conservare il cibo (tra cui, appunto, i frigoriferi). Eppure, quelle delle spezie, peraltro deliziose, è diventata un’abitudine a cui il popolo indiano non potrebbe mai rinunciare. No spezie, no party.
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